Geo-mineralogia delle Centovalli
e del Pedemonte
Le Centovalli, un contesto geologico notevole
La regione delle Centovalli rappresenta un crocevia geologico
nel contesto alpino. Essa si trova a cavallo tra le Alpi occidentali
e il domo lepontino e al limite, materializzato dalla linea
insubrica, tra la placca Europea (a nord) e quella Africana
(a sud). È in questa zona che il metamorfismo legato
all'orogenesi alpina ha raggiunto condizioni di temperatura
e pressione molto elevate. Sono stati stimati valori di 700°C
e 6 kbar. Ma è pure una zona tormentata da im-portanti
tensioni tettoniche dovute ai movimenti che hanno avuto luogo
lungo la linea insubrica e la linea Rhône-Simplon ed il
suo prolungamento orientale, la linea delle Centovalli. Si parla
in questi casi di una zona di faglia trascorrente. In questa
regione le unità tettoniche sono fortemente inclinate
e assottigliate e la presenza di numerose faglie origina una
morfologia movimentata con vallate profonde, come del resto
indica il termine “Centovalli”.
Un altro capitolo importante della storia geologica delle Centovalli
è costituito dall'intrusione di filoni pegmatitici nelle
diverse unità tettoniche che caratterizzano questo settore
delle Alpi. In base ad una serie di datazioni radiometriche
effettuate su dei campioni provenienti dalla falda del Monte
Rosa e dalla zona d'Orselina, la messa in posto di questi filoni
avrebbe avuto luogo tra 29 e 25 milioni di anni fa (Schaerer
et al.1996). Come vedremo in seguito, sono questi filoni pegmatitici
che ospitano la maggior parte dei minerali trovati.
Geograficamente le Centovalli sono poste tra due catene di
montagne, quella del Pizzo Ruscada e quella del Monte Gridone,
in questa fascia di ca. 6-7 chilometri di larghezza, sono state
identificate ben sette differenti zone geologiche.
Partendo dal versante meridionale della valle (gruppo del Monte
Gridone) troviamo la “zona Ivrea-Verbano” composta
da rocce di tipo basico ed ultrabasico come il meta-gabbro,
la serpentinite e l’orneblendite. A questa zona è
legato il “corpo peridotitico di Finero”, un esteso
ammasso roccioso composto da peridotite, una roccia ad alto
contenuto di olivina. Parte di queste rocce hanno avuto origine
nel Mantello, la zona situata sotto la crosta terrestre. Proseguendo
verso Nord, lungo il fondovalle, in successione le altre unità
tettoniche disposte a fasce allungate quasi parallelamente
lungo l’asse della valle; la “zona del Canavese”,
di esten-sione relativamente modesta, è composta da scisti
grafitici e sericitici e da marmi di età permo-mesozoica
(famoso il marmo dei Monti di Remo - Uluchee, in faccia a Corcapolo).
Proseguendo incontriamo la “zona Sesia-Arcegno”,
suddivisa a sua volta in due parti : quella settentrionale
costituita da una serie complessa di gneiss e micascisti, seguite
da potenti intercalazioni basiche e quella meridionale costituita
da sequenze carbonatiche, quarzitiche e pelitiche debolmente
metamorfosate. La “zona del Monte Rosa” e la “Serie
Orselina-Isorno” con la “zona di Ponte Brolla”,
che interessano gran parte delle Centovalli e Pedemonte, sono
costituite in prevalenza da diverse varietà tra gneiss
e micascisti intersecati da numerosi filoni pegmatitici ramificati
in tutti i sensi. Rispetto alla prima la seconda comprende importanti
intercalazioni di rocce basiche.
Infine la “zona Antigorio-Pioda di Crana”, che interessa
il gruppo del Pizzo Ruscada, la quale è suddivisa a sua
volta in “zona gneissica della Forcoletta” e in
“zona gneissica Aula-Spruga”. Nella prima prevalgono
gneiss a feldspato alcalino e a due miche con struttura finemente
granulare, mentre nella seconda gneiss biotitici ad oligoclasio
ed a grana da piccola a media e più raramente occhiadini.
Le unità a nord della Linea Insubrica, che si trova tra
la zona Ivrea-Verbano e quella del Canavese, sono comprese
nella più ampia “zona delle radici”, dove
hanno inizio le coltri penniniche formatesi durante l’Orogenesi
alpina. Esse sono il risultato della deformazione e della metamorfosi
di antichi fondali marini e della loro copertura sedimentaria
nel periodo compreso fra 70 e alcuni milioni di anni fa.
Nella regione delle Terre di Pedemonte - Golino le unità
geologiche sono in parte coperte da importanti sedimenti alluvionali
trasportati a valle dai fiumi Melezza e Isorno nel corso dei
secoli. In questa zona si distinguono infatti i terrazzi alluvionali
che la formano:
- il più elevato (la parte superiore ai piedi del monte)
sul quale sorgono i villaggi di Cavigliano, Verscio e Tegna.
- il terrazzo inferiore, separato da quello superiore da una
ripida scarpata, dove sono sorti i nuovi insediamenti urbani e si estendono le poche colture
rimaste (in gran parte vigneti).
- Il terrazzo del Gabi e, ca. 5 m. più sotto:
- il greto del fiume Melezza
Le circa 70 specie minerali trovate sino ad oggi nelle Centovalli
e Pedemonte più alcune paragenesi particolarmente interessanti
sono la dimostrazione della complessa struttura geologica di
questo settore delle Alpi.
La Linea Insubrica
Centovalli, Africa, Europa, …..l’accostamento fra
queste tre regioni potrebbe a prima vista apparire completamente
fuori luogo, o quanto meno senza senso, tutt’al più
potrebbe far pensare all’accattivante itinerario di un
viaggio intercontinentale. Niente di tutto ciò.
Non c’è probabilmente una definizione migliore
per illustrare la particolare situazione geologica che si riscontra
in questa regione.
Per comprendere che cosa sia esattamente la "Linea Insubrica"
bisognerà dapprima spendere due parole su quella grande
scoperta scientifica cosi’ importante dal punto di vista
geologico nota con il nome di "tettonica a placche",
cioè la scoperta che la litosfera (o crosta terrestre),
sulla quale noi viviamo, avente uno spessore che varia dai 5
ai 100 km, non è un insieme rigido ma è composta
da numerose placche (o zolle) di dimensioni variabili (una sorta
di "puzzle") che galleggiano su uno strato parzialmente
fuso del mantello chiamato astenosfera. I continenti fanno
parte di queste placche e si muovono con esse.
Per fare un esempio a tal proposito basti pensare che attualmente
i blocchi continentali americano ed europeo si allontanano
l'uno dall'altro di circa 5-10 cm all'anno. Riportati sull'arco
di milioni di anni questi valori apparentemente trascurabili
corrispondono però a spostamenti di decine di migliaia
di chilometri.
Un altro esempio che può dare l'idea di questi fenomeni
è rappresentato dal fatto che la regione che noi oggi
chiamiamo "Ticino" 300 milioni di anni fa si trovava
4000 km più a meridione di oggi, quindi nella fascia
equatoriale.
Lo scontro o lo scorrimento di queste placche possono tra l'altro
provocare terremoti o la nascita di nuove catene montuose.
In tempi remoti tutti i continenti del nostro pianeta (Europa,
America, Africa, Asia, Australia, compresi l' Antartide e il
Polo Nord) erano riuniti in un unico immenso blocco, un "supercontinente"
chiamato Pangèa, circondato da un unico oceano.
Durante il periodo Triassico (da 225 a 190 milioni di anni fa)
il Pangèa inizio a disgregarsi, il bacino che andò
formandosi dall'allontanamento di queste zolle, tra il futuro
continente africano e quello europeo, si chiamava Tetide.
Verso il periodo Cretacico (da 136 a 65 milioni di anni fa)
il movimento delle citate placche continentali cambiò
drasticamente ; una rotazione in senso orario del blocco africano
e il contemporaneo movimento in senso opposto di quello euroasiatico
determinò un avvicinamento della placca africana a quella
europea e conseguentemente la lenta chiusura del bacino della
Tetide. Lo scontro fra queste due masse continentali sarà
poi all'origine dell' "Orogenesi Alpina", cioè
la nascita di una nuova catena di montagne, le Alpi.
Come già detto sopra il contatto fra le due placche coincide
con la cosiddetta "Linea Insubrica" che si estende
fra l'Austria e l'Italia passando nella regione delle Centovalli
e dove i fenomeni ad essa associati si manifestano intensamente
anche in questa regione.
Lungo la Linea Insubrica si sono sviluppati intensi movimenti
orizzontali e verticali che sono il risultato degli spostamenti
reciproci delle placche crostali europea ed africana e che sono
all’origine di una grande varietà e da una estrema
complessità di tipi di rocce.
Il risultato finale di questi movimenti è costituito
dalle miloniti e dalle cataclasiti, rocce sottoposte ad elevate
pressioni subendo profonde trasformazioni minerali e strutturali.
Un’altra importante faglia è la “Linea delle
Centovalli”, una ramificazione della Linea Insubrica,
che si sviluppa lungo questa valle ed è inoltre all’origine
del profondo solco vallivo della Melezza.
L’Era glaciale
L’attuale morfologia delle Centovalli è dovuta
in buona parte all’azione erosiva dei colossali ghiacciai
alpini che verso al fine del periodo terziario occupavano la
regione.
A quel tempo una ramificazione del ghiacciaio del Toce si insinuò
attraverso la Val Vigezzo e parte delle Centovalli. Anche il
ghiacciaio della Maggia contribuì a questi movimenti,
in quanto al gradino di confluenza di Ponte Brolla venne deviato
verso le Centovalli dal ghiacciaio del Ticino, proveniente
a sua volta dalla Leventina.
I ghiacci ricoprivano tutta la regione fino ad un altitudine
di 1600-1700 m.! Da questo mare di ghiaccio emergevano solo
le cime del Gridone e del Pizzo Ruscada. Dopo la scomparsa del
ghiaccio, avvenuta ca. 15'000 anni orsono, i depositi morenici
modellarono definitivamente l’intera valle formando terrazzi
a varie altitudini dove ora sorgono gran parte dei villaggi.
Le testimonianze di quegli antichi avvenimenti si possono ancora
scorgere oggigiorno grazie alle morene e ai massi erratici sparsi
qua e la nel territorio.
Le zone geologiche in dettaglio
La ”zona Ivrea-Verbano”
La catena montuosa del Gridone, situata a cavallo tra la Val
Cannobina e la Valle Vigezzo (in territorio italiano) e le Centovalli
(in territorio svizzero), come abbiamo visto in precedenza appartiene
geologicamente alla serie dioritico-kinzigitica della “zona
Ivrea-Verbano”.
Questa grande “intrusione” è caratterizzata
da rocce molto particolari ed insolite nelle Alpi qua-li ad
esempio la peridotite, la serpentinite, l’anfibolite,
l’orneblendite, la pirossenite, il meta-gabbro, ecc.,
alcune di queste facilmente riconoscibili per il caratteristico
colore rossastro in superficie dovuto all’alterazione
dei minerali ferrosi in esse contenuti.
Queste rocce, durissime e molto pesanti, vengono definite basiche
e ultrabasiche, cioè composte in prevalenza da minerali
con un basso tenore di silice libera ed un’alta percentuale
di magnesio e ferro come l’orneblenda, il pirosseno, l’olivina,
quindi molto diverse dalle tipiche rocce alpine come il gneiss
o il granito che sono di tipo acido.
L’ipotesi più probabile della formazione di questa
“intrusione”, ancora parzialmente dibattuta dagli
studiosi, è che durante la spinta dei continenti, che
ha poi dato origine alla nascita delle Alpi, una parte del mantello
terrestre (composto appunto da queste rocce particolari) sia
stata strappata creandosi un varco attraverso profonde fratture
della crosta terrestre, affiorando cosi in superficie. Sono
quindi rocce provenienti dagli strati profondi della Terra.
Una regione che sin dall’inizio del secolo scorso ha attirato
l’attenzione degli studiosi per essere una delle poche
zone al mondo dove dalla superficie fosse possibile “gettare
lo sguardo” nelle grandi profondità del nostro
Pianeta.
Si tratta della zona in cui è possibile, come forse in
poche altre parti del mondo, gettare uno sguardo nelle grandi
profondità terrestri. Ne sono conferma gli innumerevoli
studi, ricerche e simposi dedicati a questo tema.
Una montagna tutta particolare il Gridone, non solo dal punto
di vista geologico, basti pensare alle numerose vicende legate
al contrabbando o al passaggio dei partigiani durante la seconda
Guerra Mondiale, particolare anche per quanto riguarda la toponomastica,
assai variegata. Diversi sono infatti i nomi con cui viene
chiamata questa montagna di confine : Ghiridone, Limidario,
Gridoni, Rocce del Gridone, Gridone. Qui la chiameremo con quest’ultimo
nome rispettando il termine riportato sulle cartine dell’Ufficio
Federale di Topografia e soprattutto la tradizione della valle.
La cima più alta tocca i 2188 m/sm dove si erge maestosa
la grande croce in ferro posata nel lontano 1934 dal reverendo
Don Augusto Giugni.
Il panorama dalla vetta a tutto tondo sulle Alpi è ineguagliabile.
Val di Mezzo, Val di Bordei, Val del Boschetto, Val di Front
e Val di Capolo sono i nomi delle selvagge vallate di grande
bellezza che scendono dal versante centovallino del Gridone,
regione inserita nella lista cantonale delle zone di interesse
naturalistico e paesaggistico.
Il “Corpo peridotitico di Finero”
La più importante intrusione ultrabasica della zona Ivrea-Verbano
è il “corpo peridotitico di Finero” (che
prende il nome dall’omonima località della Val
Vigezzo), esso forma un corpo strati-ficato con direzione NE-SW
di quattordici chilometri di lunghezza e due di larghezza con
una superficie di circa sedici chilometri quadrati, tre quarti
dei quali in territorio italiano e il rimanente in territorio
svizzero. L’estremità orientale del “Corpo
di Finero” dalla Val Vigezzo “sconfina” infatti
per alcuni chilometri nelle Centovalli toccando la regione della
Testa di Misello e le valla-te che scendono dal versante settentrionale
del Gridone; Val di Capolo, Val di Front, Val del Boschetto,
Val di Bordei e Val di Mezzo.
Esso è composto prevalentemente da rocce come pirosseniti
a plagioclasio, peridotiti ad orneblenda verde scura cromifera
e peridotiti a flogopite. È caratterizzato da una lunga
e comples-sa storia geologica descritta in dettaglio da Steck
& Tièche (1976). Datazioni Rb-Sr e K-Ar in-dicano
un’età di quasi 500 milioni di anni!
La peridotite, roccia predominante che caratterizza questa particolare
zona alpina, è una roccia magmatica a chimismo ultrabasico,
cioè a basso contenuto di silice libera ed un alta percentuale
di ferro e magnesio. Il colore è verde nelle porzioni
fresche e giallo-ocra in superficie dovuto questo all’alterazione
dei minerali ferrosi, ben visibile lungo tutto il versante orientale
della Testa di Misello. È composta prevalentemente dal
minerale olivina (Mg,Fe)2(SiO4) che si distingue in due varietà,
quella magnesifera detta forsterite e quella ferrifera fayalite.
La ”zona del Canavese” (in prep.)
La “zona Sesia-Arcegno” (in prep.)
La “zona del Monte Rosa” (in prep.)
La “Serie Orselina-Isorno” (in prep.)
La “zona di Ponte Brolla” (in prep.)
La “zona Antigorio-Pioda di Crana” (in prep.)
La “zona gneissica della Forcoletta” (in prep.)
La “zona gneissica Aula-Spruga” (in prep.)
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